La ripartenza post-Covid-19 c’è, ma sarà disomogenea

La ripresa c’è ed è potente, ma l’economia post-Covid rischia di avere un aspetto a macchia di leopardo, con aree e settori che sono più pronti a ripartire rispetto ad altri, con flussi produttivi e commerciali che saranno preponderanti e azioni nazionali disomogenee. Insomma è un quadro economico-finanziario piuttosto multiforme quello che ci aspetta, così come emerge dallo studio “Grand Reopening” sul primo quarter 2021 realizzato dal team di economisti di Allianz e Euler Hermes.

Lo studio merita di essere analizzato nella sua interezza, per la ricchezza di informazioni, la completezza di punti di vista e la capacità di leggere i tanti segnali che arrivano da ogni direzione.

La prima parte – di cui ci occupiamo oggi – è proprio dedicata alla ripresa post-Covid e mette in evidenza alcune contraddizioni o disomogeneità già in atto nel nuovo mercato globalizzato.

Il programma vaccinale innanzitutto, che vede le economie avanzate più garantite, mentre evidenzia come nel frattempo i paesi emergenti siano ancora in ritardo. Questo sta portando a riprese a due velocità con ripercussioni dirette sulle previsioni di crescita del Pil e, in seconda istanza, di import-export e quindi di bilanciamento della domanda-offerta.

Per quanto riguarda il Pil, le previsioni indicano che USA e Asia sono già ripartite molto potentemente (+6,3 di previsione per entrambe nel 2021), mentre l’Europa ribadisce le sue difficoltà evidenziate da troppa frammentarietà ed economie molto più lente. “In Europa, il ritorno ai livelli pre-crisi richiederà un anno in più rispetto agli Stati Uniti e il ritorno al percorso di crescita pre-Covid-19 quattro anni in più, se mai accadrà”, sentenzia Ludovic Subran, chief economist di Allianz.

Questa disomogeneità si riflette anche sui flussi di esportazioni – quasi solo provenienti dall'Asia-Pacifico – e di importazioni – prevalentemente verso Stati Uniti e Europa.

Ma forse la questione più “calda” riguarda le disomogeneità circa domanda e offerta che ne deriva. La riscossa dei consumatori nel post-Covid si sta materializzando con un incremento importante della domanda a cui però non riesce a fare fronte la produttività dell’offerta. Questo sta creando uno squilibrio non indifferente: interruzione della supply chain, aumento dei prezzi delle materie prime a livelli record almeno fino all'estate e tendenze all’accaparramento per motivi precauzionali – come per esempio il caso di Taiwan, da cui il mondo è diventato sempre più dipendente nel settore dell'elettronica. È probabile che questa situazione perdurerà fino alla fine del 2021 rappresentando un potenziale freno alla ripresa.

Inoltre, il crollo dei consumi pandemico ha creato anche una forte asimmetria settoriale in termini di entrate, con impatto negativo per le aziende del turismo, alberghiero, ristorazione, trasporti e con performance invece positive nei settori chimico, farmaceutico, al dettaglio e agroalimentare. Un divario destinato a durare almeno fino al 2023, di cui i mercati dovranno tenere conto.

Concludendo, la ripresa c’è, ma il nuovo mondo globalizzato è forse troppo interconnesso per potersi permettere mancanza di sincronia ed omogeneità: politici e istituzioni dovranno tenerne conto, perché intanto mercati ed economie vanno avanti con le loro regole e gli effetti non sono sempre pienamente prevedibili.