Nuovo Codice della Crisi d'Impresa

Un decalogo per conoscerlo meglio

 

Le piccole e medie imprese italiane negli ultimi mesi fanno i conti con una trasformazione che modifica anche la loro organizzazione interna. Non solo: la stessa cultura aziendale. A cambiare le carte in tavola è, appunto, la riforma della legge fallimentare, che ha introdotto nel nostro Paese il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e che porta con sé una serie di novità. È utile, a questo proposito, indicare i dieci punti principali della nuova normativa.

Ecco quindi un decalogo che ha l’obiettivo di aiutare l’imprenditore a fare luce su una disciplina che ha subito, anche nei primi mesi del 2020, una serie di correttivi e che si prepara a rivoluzionare il nostro “ecosistema” imprenditoriale.

1. Il codice della crisi di impresa

Con il decreto legislativo numero 14 del 12 gennaio 2019 (Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 febbraio 2019) è stato introdotto nel nostro ordinamento il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza. Il nuovo codice, come detto, apporta una serie di modifiche alla legge sul fallimento (che non era mai stata modificata, a eccezione di qualche piccolo adeguamento, dal 1942), che vanno dalla definizione di procedure di allerta per l’emersione tempestiva della crisi a una serie di obblighi e doveri di carattere organizzativo in capo alle imprese.

 

2. Chi sono i soggetti coinvolti

Le novità del Codice della crisi d’impresa coinvolgono in particolare le imprese singole o collettive, imprenditori singoli o cooperative, interessati dall’introduzione di una serie di strumenti di “allerta” e obblighi organizzativi. Restano al di fuori di questo ambito le imprese di grandi dimensioni, le quotate e gli organismi finanziari. Ma le imprese escluse dagli obblighi organizzativi sono comunque ammesse a godere delle misure premiali se si dovessero verificare le condizioni previste dalla nuova disciplina (vedi punto 10).

3. Cosa cambia per le imprese

Cambia la cultura d’impresa, si è detto. Infatti il nuovo Codice chiede alle imprese di dotarsi di sistemi in grado di identificare fin da subito le prime avvisaglie di uno “squilibrio economico finanziario”. Dunque sistemi informativi e piattaforme che consentano di avere un “early warning”, ossia un’allerta preventiva. L’impresa è insomma chiamata a mettere a punto una gestione dei flussi di cassa, un budget e un piano d’impresa che permettano di rilevare eventuali segnali di crisi e impostare una strategia per riportare l’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario. In particolare le Srl che superino una serie di limiti dimensionali identificati dalla normativa devono dotarsi di un assetto organizzativo come richiesto dall’art. 3 del Dlgs 14/2019, e nominare un revisore, nel caso in cui non sia già presente un organismo di controllo.

4. Gli indici predittivi

L’articolo 13 della nuova normativa affida al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (Cndnec) il compito di elaborare gli indici necessari al completamento del sistema dell’allerta (punto 7). Questi indici hanno l’obiettivo di integrare due parametri: quantitativi e qualitativi. I parametri quantitativi sono i cosiddetti “key performance index” (Kpi) economici e finanziari dell’azienda, ossia parametri reddituali, patrimoniali o finanziari. I parametri qualitativi sono invece collegati al settore in cui opera l’azienda, l’attività svolta o le sue caratteristiche (link all’articolo sugli indici).

5. Nomina di un revisore

Tra gli obblighi organizzativi, il Codice della Crisi impone la nomina di un organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) o di un revisore alle società a responsabilità limitata e alle cooperative che, negli ultimi due esercizi consecutivi, abbiano superato almeno uno dei seguenti tre limiti: un attivo superiore a 4 milioni di euro, ricavi di vendite e prestazioni oltre i 4 milioni di euro; una media di 20 dipendenti occupati durante l’esercizio. Inizialmente l’obbligo della nomina di un revisore era previsto entro il 16 dicembre 2019, ma con i correttivi approvati a febbraio 2020 la nomina deve essere effettuata entro l’approvazione del bilancio. L’obbligatorietà del revisore cessa quando non si supera uno dei tre limiti previsti dalla norma per tre esercizi consecutivi.

6. Modifiche di statuto

La nomina di un revisore, può comportare anche una modifica allo statuto o all’atto costitutivo dell’impresa. Questa è necessaria nel momento in cui la Srl riporta nello statuto ancora i vecchi limiti dell’articolo 2435-bis del Codice Civile (sull’obbligo di bilancio in forma abbreviata), ossia 4 milioni e 400mila euro di attivo, 8milioni 800mila di ricavi e una media di dipendenti pari a 50: limiti al superamento dei quali la nomina dell’organo di controllo era già necessaria. Se però lo statuto dell’impresa prevede già una clausola in cui si definisce che i requisiti di obbligatorietà di nomina di un revisore cambiano in base agli obblighi previsti dalla legge, lo statuto o l’atto costitutivo non necessitano di modifiche.

7. L’allerta

Il nuovo assetto organizzativo pone le imprese nelle condizioni di aprire la procedura di allerta nel caso in cui i sistemi di “early warning” (punto 3) indichino l’esistenza di una situazione di “squilibrio economico finanziario”, ossia uno stato di crisi. Come previsto dagli articoli 14 e 15 del Codice della crisi, la procedura di allerta può essere avviata dal revisore, dal collegio sindacale (punto 5) oppure da Inps, Agenzia delle entrare o agente della riscossione. Nei primi due casi esiste una prima fase di allerta cosiddetta “interna”, in cui l’azienda mette, appunto, in atto «le iniziative necessarie» per far fronte allo stato di crisi. Se nel corso della prima fase non si è raggiunta una soluzione alla situazione di squilibrio economico finanziario c’è il passaggio a un organismo stragiudiziale esterno istituito presso le Camere di commercio: l’Ocri (punto 8). Nel caso in cui, invece, l’allerta sia attivata da creditori pubblici qualificati questa viene segnalata in automatico all’impresa interessata e all’Ocri (link all’articolo sulla procedura di allerta).

8. L’OCRI

L’Organismo di composizione della crisi (Ocri) è un organismo di risoluzione stragiudiziale della crisi definito dall’art. 16 del Codice della crisi. L’Ocri viene istituito presso ciascuna Camera di Commercio con il compito di ricevere le segnalazioni di allerta, gestire le procedure e assistere l’imprenditore nel procedimento di composizione assistita della crisi.

9. I tempi dell’allerta

La prima fase di allerta interna ha una durata massima di 30 giorni. Mentre la cosiddetta procedura di allerta esterna ha una durata che varia dai 90 ai 180 giorni. Se in questo arco di tempo non si arriva a una soluzione si procede con la liquidazione giudiziale.

9. Misure premiali

La nuova disciplina prevede una serie di “misure premiali”, definite all’articolo 25 del Codice, per gli imprenditori o gli organi di controllo dell’impresa che, di propria iniziativa presentano «tempestivamente» istanza di composizione assistita della crisi all’OCRI, o domanda di ammissione a una delle procedure giudiziali di regolazione della crisi o dell’insolvenza. I benefici possono essere di natura “concorsuale”, di natura “fiscale” e di natura “penale”

 

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