EXECUTIVE SUMMARY

  • La protesta degli agricoltori europei: i motivi. Dall'inizio dell'anno, gli agricoltori di tutta Europa sono scesi in piazza per protestare contro la compressione dei redditi, l'eccessiva regolamentazione e la concorrenza sleale delle importazioni. La contrazione del reddito è chiaramente visibile: gli agricoltori non hanno beneficiato dell'inflazione alimentare record in Europa tanto quanto i produttori o i rivenditori, con i redditi reali in calo del -12% nell'UE e addirittura del -22% in Francia tra il 2022 e il 2023. Gli effetti della regolamentazione sono più difficili da misurare, ma la produttività agricola è diminuita rapidamente in molti paesi europei negli ultimi cinque anni. Al contrario, il libero scambio non ha aperto le porte alle importazioni a basso costo dall'esterno dell'UE, poiché il settore rimane fortemente sovvenzionato. I disordini in corso potrebbero avere implicazioni politiche per le prossime elezioni europee e dovrebbero spingere i responsabili politici ad agire sia a livello nazionale che europeo, auspicabilmente senza mettere a repentaglio gli impegni di sostenibilità per il settore.
  • La nuova politica industriale del Brasile: dopo gli Stati Uniti, l'Eurozona e altre grandi economie, il Brasile è l'ultimo ad annunciare un pesante piano di spesa per (re)industrializzare la propria economia. Il piano "New Industry Brazil" è progettato per fornire 300 miliardi di R$ (circa il 2,7% del PIL) in linee di credito specifiche per costruire infrastrutture sostenibili e digitali in settori prioritari come l'agroalimentare, la salute e la difesa. Ma questa nuova politica industriale non è poi così nuova: la politica industriale è una sorta di tradizione sotto i governi di Lula, e i risultati sono controversi. Un'opzione più efficace sotto il profilo dei costi sarebbe quella di proseguire con il programma di riforme, attuando la riforma fiscale approvata l'anno scorso e riducendo le barriere all'ingresso per stimolare la concorrenza. Il nuovo piano industriale solleva rischi sul già fragile versante fiscale: stimiamo un deficit del -0,75% nel 2024 e del -0,5% nel 2025, che riporterebbe il rapporto debito/PIL su una traiettoria di nuovo al rialzo.
  • Africa occidentale: un'altra battuta d'arresto per l'integrazione regionale. Burkina Faso, Mali e Niger hanno deciso di lasciare la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS). Questa decisione comporta rischi economici significativi, tra cui un potenziale di 3,2 miliardi di euro di perdite commerciali e maggiori sfide per le economie senza sbocco sul mare. L'uscita potrebbe anche essere interpretata come l'inizio di una serie di mosse centrifughe e di testare la fiducia nel franco CFA, che a sua volta potrebbe mettere a rischio la sostenibilità del debito in tutta la regione. Si noti che il Senegal, il Camerun e altri membri dell'unione monetaria stanno attualmente affrontando elevate esigenze di finanziamento esterno.
Lo studio completo “La protesta degli agricoltori europei” è scaricabile a questo link: